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14 luglio 2015

Il grido di Bankitalia: corruzione, riciclaggio, criminalità organizzata minacciano economia e Istituzioni

71.000 segnalazioni nel 2014 mettono in luce una fiorente rete di illegalità, secondo il rapporto dell Unità informazione finanziaria

Foto dell’autore Laura Ghisellini

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Possiamo annunciare che il tabù è ufficialmente caduto: la corruzione in Italia non è affatto una semplice questione di tipo morale, su cui possiamo chiudere un occhio, bensì una delle principali cause della mancata crescita economica. Ad oggi tutti - ma proprio tutti - gli organi di informazione, i referenti scientifici, i rappresentanti delle istituzioni e della società civile sono concordi nell'affermare a gran voce l'importanza della lotta alla corruzione per rimettere in moto al più presto l'economia del Paese. Se avere coscienza dei problemi è il primo passo per superarli, la strada è imboccata ma abbiamo un cammino lungo e faticoso davanti a noi.

Lo conferma il rapporto annuale dell’Unità informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, presentato in questi giorni, che analizza l'apparato legislativo anche alla luce dei fatti recenti e delle segnalazioni di operazioni sospette ricevute: circa 71.000 nel 2014 con un incremento di quasi 7 mila casi rispetto all’anno precedente. 

Innanzitutto corruzione significa assenza di "rule of law", il principale paramentro che gli investitori valutano prima di mettere a frutto i propri capitali in un Paese. Secondo il National Risk Assessment, più volte citato nel rapporto Uif, ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione di Transparency International corrisponde alla perdita del 16% degli investimenti dall’estero mentre un recente studio di Unimpresa evidenzia come la corruzione in Italia faccia aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Dati alla mano, tutto questo si traduce in crisi nera dell'impresa e del mercato del lavoro con conseguente picco di disoccupazione specialmente giovanile. 

"La corruzione è il mezzo attraverso il quale la criminalità organizzata si infiltra nell’apparato pubblico e ne condiziona le scelte, ampliando, attraverso il controllo del territorio, la propria penetrazione nel tessuto economico e sociale a danno della collettività" afferma la Uif, che ogni giorno tenta di rilevare, in collaborazione con organi come la Magistratura e l'Anac, condotte finanziarie sintomatiche di vicende corruttive o appropriative in genere molto ambigue e difficili da isolare. In seguito alle segnalazioni, l'analisi viene indirizzata ad esempio verso soggetti sospetti che, attraverso familiari o nominativi collegati ovvero tramite società a essi direttamente o indirettamente riconducibili, ricevono fondi mediante bonifici e assegni anche di importo singolarmente contenuto, provenienti da imprese aggiudicatrici di appalti. Ma la coruzione si avvale anche di stumenti a loro modo innovativi, catene societarie complesse, prive di reale giustificazione economica, talvolta con propaggini internazionali e con l’interposizione di trust, pur di sviare le indagini e rubare capitale pubblico. Questo tipo di criminalità “ha sempre meno bisogno di ricorrere all’intimidazione e alla violenza, perché mira a integrarsi nelle istituzioni, a minarle dall’interno”.

"Le indagini hanno messo in luce la multiforme e articolata connessione che può realizzarsi tra fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata nella Pubblica Amministrazione, di dissimulazione di condotte corruttive e di appropriazione indebita di fondi pubblici, a carattere anche sistematico, " afferma Bankitalia. 

In particolare il rapporto si sofferma ad analizzare la minaccia all’economia nazionale rappresentata dal fenomeno del riciclaggio considerando le attività illecite spesso gestite dalla criminalità organizzata che producono fondi da riciclare come appunto corruzione, reati fallimentari, societari e fiscali, usura, narcotraffico, gioco d’azzardo, gestione del traffico illecito di rifiuti, ma anche sfruttamento sessuale e traffico di esseri umani. Aspetti come l'intenso utilizzo del contante e la diffusa presenza dell’economia sommersa non fanno che alimentare questi rischi.

La Lombardia è ancora la regione da cui ha avuto origine il maggior numero di segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (13.021, pari al 18,1% del totale), seguita da Lazio (8.948, pari al 12,5%) e Campania (8.786, pari all’12,2%). Le prime tre regioni concentrano complessivamente circa il 43% del totale segnalato. Il numero delle segnalazioni del Lazio è tuttavia diminuito rispetto al 2013 (-2,6%). Cresce invece il contributo di altre regioni – Campania, Toscana, Piemonte, Sicilia, Calabria, Liguria, Trentino Alto Adige, Umbria e Valle D’Aosta – che evidenziano rispetto al 2013 un aumento significativo delle segnalazioni.

Oltre 30.000 segnalazioni (circa il 42,9% del totale) hanno riguardato operatività sospette di importo inferiore a 50.000 euro. La quota di segnalazioni con importi superiori a 500.000 euro è stata pari al 14,8% del totale. La distribuzione è analoga a quella rilevata nel 2013 (43,3% operatività sospette di importo inferiore a 50.000 euro; 14,1% quelle di importo superiore a 500.000 euro).

 

Dal luglio 2014 l’Autorità nazionale anticorruzione ANAC e la UIF collaborano in base a un nuovo Protocollo d’intesa che prevede lo scambio di informazioni utili a individuare specifici fattori di rischio connessi con fenomeni corruttivi ovvero suscettibili di pregiudicare il corretto funzionamento dei presidi anticorruzione nella Pubblica Amministrazione. In particolare i due organi condividono informazioni acquisite nelle sedi internazionali utili per approfondire i nessi esistenti tra corruzione e riciclaggio con particolare riferimento ai settori più a rischio come appunto appalti, concessioni, autorizzazioni, contratti e finanziamenti pubblici. 

Per quanto riguarda l'autoriciclaggio invece, la Uif è impegnata attivamente nel processo di adozione della quarta Direttiva UE con cui dovremmo riuscire a superare alcune criticità presenti nel nostro ordinamento in seguito alla recente introduzione del realto nel Codice Penale. 

In realtà la Pubblica Amministrazione ha l'obbligo di segnalare operazioni sospette fin dal 1991 (e in seguito in base al d.lgs. 231/2007 art. 10, comma 2) ma finora non sembra aver recepito l'importanza del proprio ruolo nella collaborazione attiva. Proprio per questo la Uif è impegnata con il ministero degli Interni nella definizione di indicatori di anomalia che aiutino la Pubblica Amministrazione ad assumere il proprio compito cruciale (e le proprie responsabilità). Per far questo è necessario dotarla di procedure da seguire e di modalità di segnalazione delle operazioni sospette. 

Insomma anche se il tabù è caduto, le abitudini restano dure a morire. Ma con il contributo di tutti, anche della nostra campagna di sensibilizzazione, possiamo farcela. 

Che ne pensi? Dì la tua nei commenti.

 

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