
14 febbraio 2014

Corruzione: denunciare o tacere, questo è il dilemma
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Una delle parole chiave del futuro è sicuramente "trasparenza", sdoganata anche qui in Italia in seno alla legge 190/2012 e al PNA (Piano Nazionale Anticorruzione). Il percorso è estremamente tortuoso e costellato da pericolosi trabocchetti burocratici - spesso ad esempio il rispetto formale della normativa non corrisponde a un rispetto sostanziale - ma la strada è stata imboccata.
Oltre ai provvedimenti presi in termini di open data delle Pubbliche amministrazioni, in termini di dialogo tra Stato e cittadinanza e in termini appunto di trasparenza istituzionale in ambito legislativo e economico, si comincia a parlare anche in Italia di provvedimenti meno teorici e più "fattivi". Ad esempio il Whistleblowing, una parola che dovrà passare tramite un mutamento culturale molto difficile per entrare a tutti gli effetti nel nostro vocabolario.
La figura del "whistleblower" infatti, ovvero un funzionario pubblico che impugna il "fischietto" (whistle) per denunciare sotto tutela dello Stato un fatto di corruzione di cui è testimone o vittima, non è comunemente associata a un'idea positiva ma piuttosto allo stereotipo dello "spione".
In Italia infatti, la scelta di denunciare un illecito sul posto di lavoro rappresenta ancora un'eccezione, un atto di coraggio, anche perché lo Stato non garantisce, come accade in alcuni Paesi più avanzati, la protezione dei funzionari pubblici da eventuali ritorsioni. Serve dunque un mutamento culturale e una policy condivisa di sostegno e tutela.
Per incentivare la denuncia e diffondere il valore dell'integrità e del contrasto alla corruzione, il Formez (Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle PA) organizza una serie di seminari online di informazione e sensibilizzazione rivolti a dipendenti provinciali, comunali e delle ASL al fine di favorire il rafforzamento della cultura dell’integrità come richiesto da Piano Nazionale Anticoruzione stesso.
"Secondo autorevoli studiosi (Kaptein M. e altri), uno dei fattori che contribuisce ad innalzare il livello di integrità delle amministrazioni pubbliche (così come delle oganizzazioni in generale) è la possibilità per i dipendenti di sollevare e discutere questioni etiche" - spiega Massimo Di Rienzo di Formez sul portale dedicato all'innovazione delle PA - "L'opportunità di imparare dai propri e altrui errori, dalla gestione dei dilemmi etici, si perde se i dipendenti non hanno margine di manovra sufficiente per lo scambio, analisi e discussione delle loro esperienze. Una organizzazione eticamente diretta è quella in cui i dipendenti hanno l’abitudine a sollevare le questioni etiche senza timore di essere vittimizzati."
I corsi del Formez si soffermano sulla risoluzione di questo fondamentale "dilemma etico": denunciare o tacere? È facile immaginare che in molti casi, l'illecito sia effettivamente rilevato da funzionari/dirigenti, ma che non venga portato all’attenzione dei responsabili nonostante sia obbligatorio per legge.
In termini di policy, in Italia emergono alcuni casi virtuosi, analizzati anche nell'ambito del monitoraggio "Salute - Obiettivo 100%" di Riparte il futuro, come quello della ASL di Cuneo 1 ma anche della APSS di Trento e della USL RM B di Roma, come ci è stato segnalato dal Formez.
Tre esempi che dovrebbero essere immediatamente seguiti da tutte le altre PA.
Se tu fossi un funzionario pubblico e ti accorgessi di un illecito sul posto di lavoro cosa faresti?
Laura Ghisellini
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