

Come sarà il Foia italiano? Ciò che sappiamo fino ad oggi
Il governo risponde ad alcune delle domande presentate dalla società civile, nell'incontro organizzato dall'Istituto Bruno Leoni
Il decreto applicativo in materia di Freedom of Information Act arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri prima di Natale. Poi seguirà il consueto iter presso le commissioni parlamentari, la conferenza Stato-Regioni e presso Anac. Il tutto rigorosamente entro la fine di febbraio, prima della scadenza della delega data al governo proprio in materia di FOIA.
Tempi strettissimi quindi quelli emersi nel corso del convegno "Un Foia per l'Italia", tenutosi a Roma e organizzato dall'Istituto Bruno Leoni assieme alla rete Foia4Italy, di cui Riparte il futuro fa parte.
Un incontro pubblico per fare il punto sui lavori di redazione della legge sul Foia e che vedeva al tavolo dei relatori Ernesto Belisario e Guido Romeo, in rappresentanza della coalizione Foia4Italy, Anna Ascani, deputata Pd e firmataria del testo legislativo, Ida Nicotra per ANAC e Bernardo Mattarella, capo dell’ufficio legislativo del ministero Funzione pubblica.
“Un Foia per l’Italia” non poteva che prendere il via dalle parole pronunciate pochi giorni prima all’Italian Digital Day dal ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, che in quella sede ha sottolineato come un Foia rappresenti «la migliore politica di riqualificazione della spesa pubblica».
A pochi giorni dalla scadenza del mandato governativo si sa però ancora poco sul decreto attuativo atteso prima di Natale. Tuttavia durante il convegno romano un passo avanti è stato fatto: le istituzioni si sono pubblicamente confrontate con chi rappresenta le richieste dei cittadini firmatari della petizione Foia4Italy e alcuni punti sono stati chiariti. Ciò che è emerso è che il Foia italiano, come ha spiegato Bernardo Mattarella, riprenderà il modello usato in altri Paesi, in particolare in quelli anglosassoni, seguendo un principio di trasparenza, «che attualmente nella nostra Costituzione non c'è».
Nel corso della discussione lo stesso Mattarella ha affermato: «Manterremo una serie di obblighi di pubblicazione per la pubblica amministrazione, ma soprattutto con l'introduzione del diritto di accesso copriremo anche l'area di tutte le informazioni per cui attualmente non è prevista la trasparenza».
Ha inoltre spiegato come il FOIA debba porsi necessariamente in equilibrio tra due insopprimibili esigenze diverse: da un parte la richiesta di trasparenza del cittadino che vuole esercitare il suo diritto di controllo sull’operato della pubblica amministrazione e, dall’altra, la necessità di non gravare di ulteriori adempimenti e costi la macchina pubblica. In questo senso, sebbene non si sia sbilanciato sulla norma in via di definizione, ha assicurato che verrà trovato «il miglior punto di equilibrio tra le due esigenze».
Mattarella è anche convinto che il diritto all’accesso non possa non tener conto di un problema della pubblica amministrazione: oggi molte informazioni devono essere obbligatoriamente rese pubbliche senza che esista «un reale interesse del cittadino comune a conoscere quei dati». Col FOIA, chiunque sia interessato ad avere informazioni dalla pubblica amministrazione, potrà fare domanda vincolando la PA a rispondere.
Un punto centrale di questo disegno sarà l'efficienza dell'accesso e la qualità delle informazioni fornite ai cittadini. Come ha spiegato Ernesto Belisario, componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italiana presso la presidenza del Consiglio dei ministri, «un FOIA serio ha bisogno di meccanismi celeri e poco onerosi che consentano a tutti i cittadini di accedere veramente alle informazioni».
Ida Nicotra di ANAC ha invece posto l'accento sull'importanza del Foia nella lotta alla corruzione. «La trasparenza - ha affermato - rappresenta un deterrente a tutti i fenomeni a carattere corruttivo» e lo strumento sarà utile di per sé «non solo per combattere la corruzione, ma in generale la cattiva amministrazione».
Ha infine spiegato come in caso di mancata risposta da parte della PA si prevederanno forme sanzionatorie di natura “reputazionale”, come ad esempio la pubblicazione sul sito di Anac, o in caso di immotivato diniego anche pecuniarie.
Da ciò che è emerso nel corso del convegno romano restano ancora alcuni aspetti controversi, in particolare quello relativo alle eccezioni all’accesso che, di fatto, potrebbero rendere inservibile il provvedimento. Mattarella ha assicurato che si ispirerà a quanto accade in tutte le altre democrazie occidentali in materia di FOIA.
Altro aspetto critico è poi quello del ridisegno complessivo della materia sulla trasparenza. Mattarella ha fatto capire che il provvedimento rientrerà nel decreto legislativo 33/2013, che oggi rende obbligatoria per la PA la pubblicizzazione sui siti istituzionali di molte informazioni. Di fatto però non verrà abrogata la legge 241/1990, che è la norma che attualmente regola l’accesso ai dati rendendolo possibile solo a chi dimostri un interesse diretto, concreto ed attuale per una tale informazione. Clausola quest’ultima che come dimostrato dall’esperienza recente di Guido Romeo, giornalista di Wired, sulla vicenda dei derivati, genera particolari storture nell’applicazione della norma e rischia di vincolare l’accesso a valutazioni discrezionali delle PA, spesso molto discutibili.
Ora non ci resta che attendere la pubblicazione del decreto, per analizzarne effettivamente i contenuti e valutare insieme alla rete di Foia4Italy come stimolare ulteriori modifiche e migliorie prima che il testo diventi legge a tutti gli effetti.
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