

In 10 anni la Georgia ha dimezzato il suo livello di corruzione
Nel 2003 la corruzione nella burocrazia georgiana era così elevata da bloccare i servizi pubblici. Poi qualcosa è cambiato
Vincere la battaglia contro la corruzione si può. Lo dimostra la Repubblica di Georgia che è risucita a risalire la china dell’Indice di percezione della corruzione (CPI), stilato annualmente da Transparency International, passando dal 124esimo posto del 2003 al 50esimo posto del 2014. Questo piccolo paese del Caucaso, nato dalle ceneri dell’Unione Sovietica, ci distanzia oggi di ben 19 posizioni in termini di prevenzione e contrasto della corruzione (noi siamo 69esimi, ultimi in Europa).
Certo, il confronto deve considerare tanti fattori che distinguono il nostro Sistema-paese da quello georgiano, ma il risultato non cambia: grazie alle riforme attuate nell’ultimo decennio per contrastare la corruzione in ambito politico e economico, la Georgia ha fatto una rimonta straordinaria in base agli indicatori valutati nel CPI.
Ma cosa è successo esattamente? Nel 2003 il livello di corruzione nella burocrazia georgiana era talmente elevato da bloccare l’accesso ai servizi pubblici. Il malcontento dei cittadini cresceva sempre di più, insieme all'instabilità economica, finché nel novembre 2003 la “Rivoluzione delle rose” ha portato a un drastico cambio di rotta nella gestione governativa.
Il neoletto presidente Mikheil Saakashvili ha immediatamente avviato varie campagne anticorruzione e promulgato ampie riforme. Molti funzionari pubblici e uomini d'affari sono stati accusati e rimossi dall’incarico e l’amministrazione è stata radicalmente ripulita.
Oggi le forze di polizia georgiane godono di un tasso di approvazione dell'87% e, secondo la Functional Freedom House, nel giugno 2009 il 97% dei cittadini georgiani ha riferito di non aver più pagato una tangente da oltre 24 mesi.
E in Italia a che punto siamo? Purtroppo il Bel Paese ha un tasso di corruzione ancora molto elevato, così a sopperire gli indugi della classe politica capita spesso che ci pensi la società civile, lanciando campagne e facendo pressioni alla classe dirigente per promulgare le riforme necessarie.
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