

In attesa del Ddl antitangenti di Bonafede, ecco il piano d'azione che gli abbiamo proposto
Per rendere efficace la battaglia alla corruzione servono trasparenza sulle fondazioni politiche e sulle candidature, una legge sul lobbying e il potenziamento del whistleblowing
È annunciato: tra poche ore verrà reso noto dal ministro Alfonso Bonafede il Ddl #SpazzaCorrotti, che promette di dichiarare una vera e propria guerra all'ultimo sangue ai corrotti italiani.
Si parla già dei contenuti: Daspo, Agente provocatore e anche pentiti di corruzione. Proprio quest'ultimo argomento era parte della lista di proposte che abbiamo portato personalmente al ministro all'inizio di agosto, con la richiesta di tenerle a mente per il piano d'azione.
Ieri abbiamo pubblicato la nostra linea sui temi della repressione e giustizia penale. Oggi facciamo lo stesso con la prevenzione e la trasparenza.
Ecco cosa avevamo proposto al ministro. Restiamo in attesa di vedere se ci ha ascoltato come promesso!
Whistleblowing
L’italia deve farsi parte attiva in Europa affinché la bozza di Direttiva presentata dalla Commissione lo scorso 23 aprile non resti lettera morta e diventi realtà prima della fine della legislatura, che si chiuderà ad aprile 2019. Auspichiamo infatti che il governo italiano in sede di Consiglio dell’Unione europea proponga di migliorare il testo e solleciti un’approvazione rapida della Direttiva che potrebbe avere ricadute positive sulle legislazioni di tutti i Paesi membri, che, fatte poche eccezioni, hanno oggi normative molto carenti se non del tutto assenti nella protezione di chi, segnalando corruzione sul posto di lavoro, subisce mobbing, atti persecutori, licenziamenti ingiustificati.
Anche per quanto riguarda la L. 179/2017 recentemente introdotta, sarà opportuna una revisione alla luce di un’analisi accurata dei primi risultati. In particolare andrebbero affrontati alcuni aspetti tralasciati dalla legge tra cui il trattamento delle segnalazioni anonime, gli incentivi ai whistleblower, l’estensione a tutte le tipologie di lavoratori, la piena applicazione al settore privato.
Fondazioni politiche
La legge Letta sui finanziamenti ai partiti si limita a regolamentare il finanziamento ai partiti, senza aver affrontato in modo complessivo quello della politica, mancando infatti specifiche prescrizioni anche per candidati, fondazioni, associazioni, think tank e movimenti. Questi soggetti, oggi, non hanno gli stessi elementari obblighi di trasparenza dei partiti e non sono perciò vincolati a presentare un bilancio, a evidenziare chi paga e in che modo sono utilizzati i soldi ricevuti. In assenza di linee guida, think tank, fondazioni e associazioni proliferano e diventano lo strumento più utilizzato per finanziare direttamente i candidati e la politica in un contesto dove regna l’opacità. Il rischio, in assenza di trasparenza è che le forze politiche siano soprattutto dipendenti da finanziamenti di aziende, corporation e soggetti che potrebbero voler condizionare le loro attività, aspettandosi qualcosa in cambio del loro sostegno finanziario. la legislazione attuale tocca solo il tema delle fondazioni di “diretta” espressione dei partiti, proponiamo di allargare a fondazioni e associazioni le misure sulla trasparenza dei finanziamenti e i maggiori obblighi di rendicontazione previsti per i partiti.
Candidati trasparenti
Troppo spesso le forze politiche non esercitano più quel ruolo di filtro nella scelta dei candidati alle elezioni e ai cittadini capita di dover votare i cosiddetti “impresentabili”, candidati a incarichi pubblici condannati per reati anche gravi, imputati o altre volte considerati vicini alle mafie. Noi crediamo che chi aspira a ricoprire un ruolo pubblico debba essere al di sopra di ogni sospetto.
Proponiamo a tal fine un sistema che garantisca la piena trasparenza delle candidature e che vincoli chi aspira a ricoprire cariche pubbliche a rendere disponibile online: il curriculum vitae, per conoscere le competenze e gli altri incarichi pubblici ricoperti, a livello locale o nazionale; lo status giudiziario, per far emergere condanne, carichi pendenti e capi di imputazione; la situazione patrimoniale e reddituale, per aiutare a rilevare se lo stile di vita condotto corrisponde a quanto dichiarato o guadagnato; i finanziamenti ricevuti durante la campagna elettorale, anticipandone l'obbligo di pubblicazione nel periodo elettorale, così da poter determinare il grado di autonomia e imparzialità degli stessi e una dichiarazione di interessi finanziari, per comprendere i potenziali conflitti di interessi personali o mediati.
Fondamentale la previsione di un sistema sanzionatorio per chi non rispetta gli obblighi di pubblicazione e per chi dichiara il falso. Soprattutto in merito alle dichiarazioni sullo status giudiziario, fra le sanzioni andrebbero previste specifiche condizioni di decadenza e incandidabilità dalla carica.
Chi si candida a rappresentare i cittadini nelle istituzioni, chiede agli elettori un atto di fiducia, ed è normale che, in cambio, rinunci alla riservatezza su alcune informazioni in virtù di un diritto preminente, quello della piena conoscibilità di tali informazioni da parte dei cittadini, che devono potere essere in grado di operare una scelta consapevole.
Lobbying
I decisori pubblici si trovano sempre più spesso a fare scelte complesse, su temi che prevedono grandi competenze tecniche. È fondamentale perciò rendere più aperto e trasparente il processo decisionale, permettendo un coinvolgimento di tutti i soggetti in campo, in modo che le parti interessate, dai diversi rappresentanti degli interessi economici alle comunità locali, ai cittadini, all’accademia, possano esprimersi. Occorre dare a tutti l’opportunità di esprimersi evitando quelle asimmetrie informative dovute ai mezzi economici o alle relazioni intessute. Senza mettere tutti i soggetti sullo stesso piano, si rischia un’estrema opacità che, da una parte, lasci mani libere a faccendieri, e dall’altra privi i cittadini della possibilità di sapere chi ha influenzato le decisioni pubbliche, decisioni che hanno ricadute sulle vite di ciascuno di noi. Per questo proponiamo una regolamentazione complessiva dell’attività di lobbying, come già avviene in numerosi altri Paesi e nelle istituzioni europee.
Riteniamo fondamentale che l’Italia si doti di un registro pubblico dei lobbisti, valido per tutte le istituzioni, la cui iscrizione obbligatoria sia vincolante all’esercizio delle attività di rappresentanza e che preveda un codice etico di condotta.
Accanto al registro andrebbe introdotta un’agenda pubblica degli incontri tra politici e lobbisti, dove ognuna delle parti sia vincolata a comunicare i dati relativi agli incontri svolti, i temi in discussione e la documentazione depositata.
Vanno promosse consultazioni pubbliche da parte delle istituzioni che permettano a tutti gli stakeholder di essere informati sulle intenzioni dei decisori pubblici e di fornire così un loro parere garantendo, inoltre, la mappature di tutte le influenze nel processo di decision making.
Infine, affinché la norma abbia validità non solo sul piano teorico ma anche nella prassi quotidiana, va delineato un quadro sanzionatorio serio, volto a colpire i comportamenti illeciti e valido in egual misura sia per i lobbisti che esercitino la propria attività fuori dal registro o fuori dall’agenda pubblica sia per i pubblici decisori che non registrino gli incontri.
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