

"La corruzione è un problema di cultura" dice Raffaele Cantone
Accanto alle regole del Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici esistono altri "Codici" che agiscono sotto la superficie e che vengono determinati da leadership colluse
"La corruzione è un problema di cultura" dice Raffaele Cantone, Presidente dell'Anac. Proviamo ad entrare nel merito di questa affermazione, descrivendo un'ipotesi concreta.
Alcuni eventi corruttivi emergono a seguito di indagini giudiziarie, o attraverso denunce di cittadini/comitati, o attraverso inchieste giornalistiche ledendo significativamente la reputazione di una amministrazione pubblica.
All’interno dell’amministrazione non sono state fatte segnalazioni su tali condotte. L’analisi del rischio, in assenza di evidenze/segnalazioni, non ha rilevato niente di anomalo e, quindi, non sono state approntate particolari soluzioni preventive. L’amministrazione fronteggia un incombente rischio di fallimento etico.
Analisi:
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Si può prevedere che, in un significativo numero di casi, l’evento corruttivo sia effettivamente stato rilevato da funzionari/dirigenti, ma che non sia stato portato all’attenzione né dei responsabili interni né all’esterno (nonostante un preciso obbligo di legge a segnalare).
Ipotesi:
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È probabile che i funzionari/dirigenti che hanno rilevato eventi corruttivi abbiano dovuto risolvere, in piena solitudine, il dilemma etico di agire per la segnalazione di tali comportamenti (Whistleblowing) o non agire e che abbiano scelto la seconda opzione.
Perchè?
È probabile che la cultura della micro-organizzazione, intesa come forza che governa le relazioni tra le persone, nonché come costruzione e mantenimento di rapporti di potere, abbia condizionato l'operato del potenziale segnalatore che, anche in assenza di un atteggiamento collusivo, ha scelto di non segnalare.
È probabile, cioè, che accanto alle regole del Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici, con particolare riferimento all'articolo 8, esistano altri "Codici" che agiscono sotto la superficie e che vengono, in larga parte, determinati da leadership colluse e rafforzati da comportamenti compiacenti degli altri dipendenti.
Quei Codici orientano la micro-organizzazione al perseguimento di interessi illeciti ed esprimono un'etica propria, ad esempio, della "salvaguardia del gruppo".
Ed ecco che la "cultura" deviante resiste, influenza il comportamento di chi non ha ancora deciso da che parte stare, si rafforza incurante delle regole e delle procedure formali.
L'osservazione e la condivisione tra i dipendenti di cosa rappresentano e come si muovono questi altri "Codici" è un modo per contrastarli. Gli strumenti di contrasto saranno, se necessari, anche di natura organizzativa (si pensi all'adozione di una specifica policy dell'amministrazione per la tutela del segnalante o alla rotazione del personale).
Il Piano Nazionale Anticorruzione individua nella misura "formazione di contenuto generale con approccio valoriale" lo strumento per l'emersione di questo mondo di regole sotterranee e potenti.
E' un'occasione che le amministrazioni faticano a cogliere anche per motivi comprensibili di adeguamento al complesso impianto normativo della legge 190/2012 e della normativa che ne è derivata.
Ma è un percorso da perseguire con forza se non vogliamo che la prevenzione della corruzione affondi nel tecnicismo.
Massimo Di Rienzo è formatore/consulente sui temi dell’integrità, della trasparenza e dell’etica della Pubblica Amministrazione.
Collabora con Amministrazioni regionali, Amministrazioni comunali, Aziende sanitarie locali, Agenzie nazionali (FormezPA, INEA), Organizzazioni del Terzo Settore (Save the Children, Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi).
Scrive su @spazioetico
Contatto email: m_dirienzo@hotmail.com
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