

Scandalo Oxfam: ombre sugli aiuti umanitari
La denuncia di una whistleblower scoperchia una "cultura dell'abuso sessuale"che travolge l’ong britannica
87 denunce di sfruttamento sessuale e abusi, 22 dipendenti licenziati e uno scandalo che rischia di cambiare non poco la percezione, e l'azione, degli aiuti umanitari nei paesi esteri. Lo scandalo che ha investito Oxfam, organizzazione internazionale di beneficenza con base nel Regno Unito, è locale ma di portata internazionale.
Solidarietà internazionale
Dopo il terremoto del gennaio 2010 che ha colpito Haiti la solidarietà internazionale nei confronti della nazione caraibica è stata massiccia, encomiabile: secondo la Croce Rossa Internazionale il sisma ha distrutto le vite di tre milioni di haitiani, le vittime sono state oltre 200.000 e i feriti almeno 300.000 persone, i quattro ospedali di Port-au-Prince sono andati distrutti in pochi secondi e dieci mesi dopo il sisma un'epidemia di colera si è diffusa velocemente tra la popolazione, mietendo ulteriori vittime. Oxfam è stata una delle principali organizzazioni internazionali ad intervenire nell'isola caraibica dopo il sisma, stanziando fondi ingenti che provenivano dalle tasche dei contribuenti britannici: l'allora primo ministro David Cameron decise infatti di investire lo 0,7% del PIL britannico in aiuti internazionali utilizzando principalmente i canali messi a disposizione proprio da Oxfam. 34 milioni di sterline nel 2017, 50 milioni nel 2016, solo per citare i due ultimi dati disponibili.
Comportamenti “impropri”
Un'inchiesta pubblicata dal Times di Londra nel febbraio scorso ha tuttavia alzato la cortina sui comportamenti, definiti ‘impropri’, dello staff Oxfam ad Haiti: molestie nei confronti di donne haitiane costrette a prostituirsi, minacce ai testimoni, festini e orge ‘in stile Caligola’, come ha scritto il giornale inglese, con il capo missione Roland van Hauwermeiren tra i protagonisti. Uno scandalo che ha costretto il CEO di Oxfam Mark Goldring, la Presidente Caroline Thomson e la direttrice Winnie Byanyima a chiedere pubblicamente scusa di fronte al Parlamento britannico e alla nazione intera. Nel suo rapporto annuale 2017 Oxfam afferma che, dopo aver saputo delle accuse di abusi nel 2011, aveva avviato una serie di indagini interne che hanno portato tutte al licenziamento, o alle dimissioni, dei dipendenti coinvolti. Non chiarisce quanti se ne siano andati spontanemante e quanti siano stati cacciati o sospesi.
Grazie al whistleblowing
L'inchiesta del Times in realtà non ha risparmiato lo stesso Goldring, accusato da Helen Evans, ex-garante interna per la tutela delle norme di comportamento, di essere stato messo a conoscenza, in tempi recenti, degli abusi e degli scandali. È stato quindi l'atto di denuncia di un whistleblower - ovvero chi segnala illeciti all'interno del posto di lavoro - a scoperchiare il vaso di Pandora. Evans, inascoltata, ha rivelato al mondo intero uno scandalo di portata epocale: intervistata da Channel 4 ha parlato chiaramente di "cultura dell'abuso sessuale" emersa in un'inchiesta interna sul periodo 2012-2015 e ha accusato i senior manager di Oxfam di non avere agito in alcun modo sugli abusi, Goldring compreso. Nel febbraio 2015, in un solo giorno, Evans ha affermato di avere ricevuto tre diverse denunce di abusi ed ha anche assicurato di avere lottato per capire il perché la dirigenza non le desse ascolto.
Alla luce di tutto questo Goldring, in una mail di scuse inviata il 14 febbraio 2018 a tutti i sostenitori di Oxfam, ha promesso che l'organizzazione rinforzerà i canali di whistleblowing e gli strumenti di tutela per le fonti interne. Una dimostrazione in più - e decisamente emblematica - dell'importanza di una normativa efficace per incentivare la denuncia interna e tutelare chi segnala, su cui Riparte il futuro continua a battersi in Italia (dopo l'approvazione della legge ottenuta a novembre 2017 grazie a circa 70.000 firme) e in Europa.
Effetto domino
Tuttavia, come è accaduto per scandalo Harvey Weinstein a Hollywood, con la caduta del primo tassello l'effetto domino è stato inevitabile: dopo l'inchiesta del Times infatti il Sunday Times, edizione domenicale del giornale, ha allargato le accuse ad altre organizzazioni di beneficenza fino a coinvolgere anche Save The Children, che risulta coinvolta in ben 31 casi simili segnalati soprattutto in Africa, e Christian Aid. Secondo il quotidiano The Guardian, Oxfam e il capo missione van Hauwermeiren erano già stati coinvolti in uno scandalo simile nel 2006 in Ciad, con diverse denunce che raccontavano di festini organizzati dallo staff in compagnia di giovani prostitute.
La posizione di Oxfam Italia
Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia (l'affiliata italiana non ha nulla a che vedere con lo scandalo), parla di “comportamenti inaccettabili”, e precisa che Oxfam non ha in realtà coperto lo staff haitiano per anni: “I colleghi britannici non avevano coperto ma invece denunciato l'apertura e la chiusura dell'indagine interna. Avevano definito i motivi dell'inchiesta ‘violazione del codice di comportamento’ e non ‘prostituzione’ perché altrimenti [le donne haitiane che si prostituivano, NDA] sarebbero state denunciate alle autorità locali”. Ad Haiti, infatti, la prostituzione è un reato.
Sdegno e delusione
Lo scandalo Oxfam ha provocato, come primo effetto immediato, lo sdegno di molti: il premio Nobel per la Pace sudafricano, l'arcivescovo emerito Desmond Tutu, si è dimesso dalla carica di ambasciatore Oxfam dichiarandosi ‘profondamente deluso’ in un comunicato stampa. Come lui ha fatto l'attrice Minnie Driver ed altri personaggi che hanno prestato la propria notorietà in favore delle campagne di Oxfam. Il secondo effetto, ma si è ancora nel campo delle ipotesi, è che lo scandalo possa minare la credibilità dell'azione umanitaria nel mondo, e questo è un problema molto grave. Un rapporto pubblicato da AGIRE sullo stato dell'assistenza umanitaria a livello globale presentato il 19 febbraio, a scandalo in corso, afferma che gli aiuti umanitari a livello globale ammontano a ben 27,2 miliardi di dollari (+6% rispetto all'anno precedente) e sarà ancor più interessante analizzare questo dato tra qualche tempo.
Un settore a rischio
La reputazione del settore è a rischio: in Gran Bretagna nel giro di nemmeno una settimana dall'esplosione dello scandalo, Oxfam ha perso 2.000 donatori regolari mentre diverse aziende hanno congelato le donazioni in attesa di capire quale sarà la risposta dell'organizzazione. Secondo un sondaggio del The Guardian il 35% dei sostenitori di Oxfam ha dichiarato di non sapere se in futuro donerà ancora; il 52% di chi ha già effettuato donazioni si dice certo di non rifarlo per qualsiasi causa umanitaria.
Il rischio è che le attività di queste organizzazioni ne risentano: il premier inglese Theresa May ha definito ‘orribile’ lo scandalo minacciando di tagliare i fondi a Oxfam.
C’è da rilevare d’altronde che l'interesse nello scandalo Oxfam non riguarda tanto (o soltanto) l'atto sessuale criminale e lo sfruttamento delle vittime in sé, ma piuttosto il fatto che siano stati utilizzati fondi versati dai contribuenti britannici. Non a caso gli scandali di abusi sessuali commessi dai caschi blu dell'ONU in Africa non guadagnano altrettante prime pagine.
Soggiorni esotici
Ma c’è un altro aspetto da non trascurare: ancora oggi sono migliaia gli uomini europei e nordamericani che, nei Caraibi ma anche in Africa o in Asia, incontrano prostitute, anche minorenni, durante il loro soggiorno esotico. È accettabile, culturalmente parlando, che turisti stranieri si inseriscano nelle economie locali dei paesi in via di sviluppo foraggiando la prostituzione? Evidentemente sì, visto che tutto avviene alla luce del sole, e che persino nelle guide turistiche si parla di donne che adescano i turisti imbottiti di dollari.
E come dimostra tristemente lo scandalo Oxfam, non solo di turisti si tratta.
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