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Whistleblowing in Italia

Petizione vinta!

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Più di 69 mila cittadini hanno chiesto una legge in difesa dei "whistleblower", coloro che denunciano casi di corruzione sul luogo di lavoro. Ora segnalare illeciti non potrà più comportare ritorsioni e la perdita del posto di lavoro. La voce dei whistleblower è il nostro miglior antidoto alla corruzione.

2017: petizione diretta alla Camera dei deputati e alla Presidente Laura Boldrini

Petizione di

Associazione non profit

Nel 2019, dopo sei anni di battaglie, il team dell’associazione Riparte il futuro ha portato la propria esperienza in The Good Lobby. L’introduzione della norma italiana per la protezione dei whistleblower fa parte del bagaglio di risultati ottenuti nella lotta alla corruzione che portiamo con noi. È stato un cammino fatto di piccoli e grandi passi, entusiasmanti vittorie e qualche sconfitta, a cui non ci arrendiamo. Anzi, come The Good Lobby ci poniamo obiettivi ancora più ambiziosi per ottenere una società più democratica ed equa.

Introduzione

 

Il 15 novembre 2017 è una data storica per la lotta alla corruzione: la Camera dei deputati ha approvato una legge che tutela i lavoratori che segnalano frodi e illegalità nella Pubblica amministrazione e nelle grandi imprese private. Tutto questo è stato possibile grazie alla campagna “Voci di giustizia” lanciata da Riparte il futuro e Transparency International Italia.

Fino al novembre 2017 se denunciavi corruzioni o frodi sul posto di lavoro, potevi facilmente trovarti con le spalle al muro: non era infatti previsto alcun tipo di tutela per chi subiva mobbing o licenziamenti in seguito a una denuncia o una segnalazione. Era in vigore su questo tema solo l’articolo 54-bis D.Lgs. n. 165/2001, una norma di limitata applicazione e che non costituiva una disciplina esauriente. I segnalanti italiani si trovavano di fronte a una situazione di totale isolamento, ad affrontare da soli discriminazioni o una causa di lavoro.

Gli autori di segnalazioni di reati nella Pubblica amministrazione o nelle imprese private, i cosiddetti whistleblower, agiscono infatti nell’interesse pubblico, ma pagano un prezzo privato: gli episodi che hanno segnalato diventano oggetto di un processo penale, che ha tempi lunghi e incerti. Nel frattempo però queste persone si trovano a subire pressioni personali sul luogo di lavoro, con il rischio di essere licenziati, in tempi brevi e certi.

Per questo nel luglio 2016 Riparte il futuro ha lanciato insieme a Transparency International Italia la campagna #Vocidigiustizia, per chiedere protezione legale per i whistleblower, i lavoratori che segnalano reati nella Pubblica amministrazione o nelle imprese private.

La campagna chiedeva che la proposta di legge a prima firma Businarolo (M5S), approvata dalla Camera dei Deputati il 21 gennaio 2016 venisse discussa, migliorata e votata da entrambe le Camere prima della fine della legislatura.

La protezione legale dei whistleblower è infatti un fondamentale strumento di contrasto alla corruzione e ad altri reati e frodi societarie. L’introduzione di una legge che proteggesse tali figure, incentivando così il ricorso stesso alla segnalazione, era stata anche oggetto di diverse raccomandazioni di Istituzioni internazionali nei confronti dell’Italia, per esempio:

  • La Raccomandazione 7 del rapporto OECD – Working group against bribery sull’Italia del 2014

  • Il punto 156 del rapporto GRECO nell’ambito dell’evaluation round 2009. L’evaluation round del GRECO consiste in una valutazione degli sforzi legislativi ed esecutivi che ciascun stato dell’Unione Europea dovrebbe mettere in campo per contrastare la corruzione.

Il problema

 

Il “whistleblower” (letteralmente, “soffiatore nel fischietto”) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode o altro reato, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione; per questo decide di segnalarla. Così come i testimoni di giustizia hanno contribuito a contrastare le mafie, i whistleblower hanno un  ruolo indispensabile nell’arginare la corruzione.

Per comprendere il vuoto culturale che esiste nel nostro Paese sul concetto di denuncia, nell’interesse pubblico, di un abuso della pubblica fede a fini privati, basti pensare che nella nostra pur ricca lingua italiana non vi è una traduzione del vocabolo “whistleblower” che porti con sé un’accezione positiva del termine. Tuttavia, i whistleblower nel nostro Paese esistono eccome e non sono nemmeno pochi: basta guardare i dati dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), che dal 2015 alla prima metà del 2017 ha ricevuto 715 segnalazioni ed aperto 440 fascicoli. Per altri dati sull’attività di ricezione e indagine sulle segnalazioni dell’Anac, si veda il rapporto 2017.

Dove stava il problema, dunque? Che cosa rischiavano i whistleblower che denunciavano nell’interesse pubblico? Ve lo spieghiamo con i nostri video:

La nostra richiesta

 

Nel luglio del 2016 abbiamo lanciato la campagna #vocidigiustizia per chiedere alla Commissione Affari Costituzionali del Senato di discutere al più presto il disegno di legge sulla protezione dei whistleblower. Il testo della proposta di legge infatti era già stato approvato dalla Camera il 21 gennaio 2016.
Noi chiedevamo che il Senato migliorasse tale testo, introducendo:

  • Canali ben definiti di segnalazione. Chi è testimone di un illecito deve sapere con estrema chiarezza e semplicità a chi rivolgersi. In questo senso è importante che all’Autorità Nazionale Anticorruzione siano affidate le necessarie competenze e responsabilità;

  • Garanzia di riservatezza per chi ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto. Il segnalante deve essere certo che, a meno che non sia una sua scelta, il suo nome non verrà rivelato [ → modifica artt. 329 e 416 Cod. Proc. Pen.]

  • L’istituzione di un fondo per la tutela dei segnalanti, che sostenga economicamente chi ha subito ritorsioni e deve affrontare ingenti spese legali;

  • Il riconoscimento non solo per il settore pubblico ma anche per quello privato;

  • Sanzioni concrete verso i soggetti che attuano discriminazioni o ritorsioni, compresi i datori di lavoro pubblici e privati;

  • L’inversione dell’onere della prova, ovvero l’obbligo per il datore di lavoro di dimostrare che i procedimenti disciplinari, il demansionamento o ogni altro provvedimento peggiorativo della posizione del segnalante sono stati attuati per ragioni diverse dalla denuncia di corruzione o ruberia. [ →modifica art. 15 Statuto dei lavoratori]

La nostra campagna

 

Abbiamo lanciato #vocidigiustizia nel luglio 2016.
La nostra prima conferenza stampa è avvenuta il 4 ottobre 2016 e ha visto la partecipazione anche di un whistleblower, Andrea Franzoso, e della consigliera dell’Anac Nicoletta Parisi.

Nei mesi, grazie a una serrata attività di comunicazione attraverso la quale siamo stati costantemente presenti sui media, abbiamo raccolto oltre 69mila firme. Nonostante la nostra attività di pressione sulla Commissione Affari Costituzionali che ha portato alla presentazione di emendamenti migliorativi al testo da parte di diverse forze politiche, per oltre 600 giorni il Senato è apparso del tutto immobile, incapace di approvare la legge votata dalla Camera.

Il 13 settembre 2017 siamo scesi in piazza davanti al Pantheon a Roma per attirare l’attenzione su questo provvedimento e sul fatto che il tempo utile per avere una legge entro la fine della legislatura stava scorrendo inutilmente. Durante l’evento-installazione #Fuorilavoce, un uomo è rimasto chiuso per ore in una gabbia trasparente, isolato e senza voce ma sotto gli occhi di tutti, a simboleggiare la situazione reale in cui si trovano i whistleblower italiani.

Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, è intervenuto all’evento firmando la petizione in diretta. Al termine della performance abbiamo consegnato le firme dei cittadini al presidente del Senato Pietro Grasso per chiedere che la legge riprendesse velocemente l’iter.

L’evento ha funzionato: nel mese di settembre 2017, l’iter si è sbloccato e i pareri delle Commissioni competenti, in particolare di quella Bilancio, sono stati finalmente presentati, permettendo alla Commissione Affari Costituzionali di discutere e votare il testo che è poi stato approvato dal Senato il 18 ottobre 2017.

Da quel momento in avanti è stato tutto molto veloce: la legge è passata al vaglio della Camera, abbiamo consegnato le firme anche alla presidente Laura Boldrini il 10 novembre 2017, e il 15 novembre l’Aula ha approvato la legge con una maggioranza schiacciante: 357 voti favorevoli,  46 voti contrari e 15 astenuti.

Se siamo riusciti a fare pressione sui politici è stato anche grazie al vostro aiuto. Centinaia di attivisti hanno tirato fuori la voce insieme a noi su Twitter per chiedere prima ai senatori e poi ai deputati di approvare la legge, mentre migliaia di persone hanno scelto di metterci la faccia su Facebook, personalizzando la propria foto profilo con una cornice a supporto delle #vocidigiustizia.

I numeri della  campagna

 

E adesso?

 

Fatta la legge, ora bisogna cambiare la cultura: l’impegno di Riparte il futuro nei confronti dei privati cittadini che segnalano frodi o corruzione nell’interesse pubblico non si ferma certo qui. Rimani aggiornato per scoprire tutti i progetti che Riparte il futuro ha in serbo sul tema del whistleblowing.

Il 15 novembre 2017 è una data storica per la lotta alla corruzione: la Camera dei deputati ha approvato una legge che tutela i lavoratori che segnalano frodi e illegalità nella Pubblica amministrazione e nelle grandi imprese private. Tutto questo è stato possibile grazie alla campagna “Voci di giustizia” lanciata da Riparte il futuro e Transparency International Italia.

Fino al novembre 2017 se denunciavi corruzioni o frodi sul posto di lavoro, potevi facilmente trovarti con le spalle al muro: non era infatti previsto alcun tipo di tutela per chi subiva mobbing o licenziamenti in seguito a una denuncia o una segnalazione. Era in vigore su questo tema solo l’articolo 54-bis D.Lgs. n. 165/2001, una norma di limitata applicazione e che non costituiva una disciplina esauriente. I segnalanti italiani si trovavano di fronte a una situazione di totale isolamento, ad affrontare da soli discriminazioni o una causa di lavoro.

Gli autori di segnalazioni di reati nella Pubblica amministrazione o nelle imprese private, i cosiddetti whistleblower, agiscono infatti nell’interesse pubblico, ma pagano un prezzo privato: gli episodi che hanno segnalato diventano oggetto di un processo penale, che ha tempi lunghi e incerti. Nel frattempo però queste persone si trovano a subire pressioni personali sul luogo di lavoro, con il rischio di essere licenziati, in tempi brevi e certi.

Per questo nel luglio 2016 Riparte il futuro ha lanciato insieme a Transparency International Italia la campagna #Vocidigiustizia, per chiedere protezione legale per i whistleblower, i lavoratori che segnalano reati nella Pubblica amministrazione o nelle imprese private.

La campagna chiedeva che la proposta di legge a prima firma Businarolo (M5S), approvata dalla Camera dei Deputati il 21 gennaio 2016 venisse discussa, migliorata e votata da entrambe le Camere prima della fine della legislatura.